Correva l'anno 1652. La Sardegna
veniva decimata da una terribile pestilenza: a Cagliari la popolazione si ridusse della metà.
Dovunque era morte e disperazione.
La gente, allora, si rivolse ad un santo martire, Efisio di Elia, decapitato nel 303 a Nora, una
località della costa cagliaritana, per non avere rinnegato la fede cristiana. Efisio si trovava in
Sardegna, a capo di una guarnigione dell'esercito dell'imperatore romano Diocleziano, per
reprimere le comunità dei cristiani presenti nell'isola. Ma, durante un trasferimento, ebbe
una visione, simile a quella di Paolo sulla via di Damasco: da persecutore Efisio divenne il
più fervente seguace di Gesù. Chiamato a rinnegare la fede cristiana, rifiutò e fu condannato a
morte. Rinchiuso in un carcere della città (dove oggi sorge la chiesa a lui intitolata) venne
trasferito in segreto sul litorale di Cagliari per evitare che la gente potesse opporsi alla
sentenza. Sulla spiaggia di Nora fu decapitato da un soldato romano.
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Il culto
di Sant'Efisio, da allora, si diffuse a Cagliari e in tutta la Sardegna. La cripta del
quartiere di Stampace, che fu il suo carcere, divenne ben presto un centro di spiritualità,
mentre a Nora, sul luogo del martirio, in epoca successiva, venne eretta una deliziosa
chiesetta a navata singola, poco distante dalla cittadina, oggi sepolta sotto le acque del
mare.
Ma fu in occasione della peste del 1650, quella che viene descritta dal Manzoni ne "I
Promessi Sposi", che Sant'Efisio legò per sempre il suo nome a quello di Cagliari e della
Sardegna.
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