La cucina di mare di Alghero viene perfettamente
accompagnata ed esaltata dai vini bianchi provenienti dai vigneti della sua fascia costiera, in particolare
dal bianco secco "Torbato" e dal "Vermentino di Sardegna".
Dalla riviera di Alghero il nostro viaggio prosegue verso il sud, nel Logudoro e nel Meilogu, terre di
rinomate produzioni di paste, di carni pregiate, di formaggi e di dolci.
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Nel Logudoro e nel Meilogu la cucina tradizionale è fatta di paste caserecce con interessanti
elaborazioni, come il cosiddetto "raviolone", una sorta di strudel salato, a più strati, e di pani di grande
sapore come le "spianate", di dolci famosi come i "sospiri di Ozieri", le deliziose palline di pasta di
mandorle con sentore di agrumi, o il torrone di noci o di mandorle non tostate di Pattada.
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Dai pascoli
del Logudoro, e dai numerosi e ipermoderni caseifici disseminati nel territorio, proviene la più grande
scelta di pezzature, di tipi e di sapori di formaggi, dai pecorini a pasta molle a quelli stagionati sia da
tavola che da grattugia, il più famoso dei quali è sicuramente il "pecorino romano".
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Dal Logudoro si arriva nella Planargia, con i suoi
vigneti del celebre "Malvasia", e la sua tradizionale cucina di terra e di mare. Nel capoluogo della Planargia,
Bosa, al vino "Malvasia" viene tributato un autentico culto. E' infatti un vino da meditazione-conversazione
tra i più interessanti non solo nell'orizzonte enologico isolano, adatto inoltre sia a concludere un pasto,
accompagnando dessert mandorlati o con preparazioni di frutta, sia ad aprirlo nella versione "spumante
demi-sec".
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All'altro capo della Planargia, nella regione montuosa
che sta nel cuore dell'isola, troviamo la Barbagia con la sua cucina millenaria, ricca di suggestione e di
sapori. Della Barbagia sono famosi il "pane frattau" (un primo piatto a base di pane "carasau", brodo, sugo
di pomodoro, un uovo in camicia e formaggio pecorino), le minestre di erbe selvatiche come "s'erbuzzu" di
Gavoi, le minestre di verdure con cagliati di latte caprino o ovino. In Barbagia si confeziona ancora oggi "sa
merka", il cagliato di latte di pecora o di capra della cucina dell'antica Roma, la "melka", per preparare le
minestre cui si accennava o per condire insalate di pomodori nella stagione estiva.
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